Perdere una persona cara rappresenta un’esperienza che altera il benessere psico-fisico e sociale di chi affronta la perdita in modo più o meno significativo e transitorio, sulla base delle caratteristiche soggettive dell’individuo, della sua storia di vita, del contesto sociale in cui vive e della rilevanza della perdita.


Cosa accade quando perdiamo qualcuno al quale siamo profondamente legati?
Il senso di vuoto psichico e, a volte, anche fisico, determina spesso un profondo stato di confusione, tale da far sì che la persona si trovi senza più punti di riferimento e senza riuscire a sopportare tutte quelle situazioni che rammentano con forza il lutto e/o la perdita appena subiti.


Il desiderio per la persona che “non c’è più” diviene pervasivo, assoluto, persistente, e compare la collera per l’abbandono subito. 


Kübler Ross definisce l’elaborazione del lutto come un processo che si sviluppa attraverso diversi momenti: dalla negazione o rifiuto, alla rabbia, alla valutazione delle proprie risorse e riacquisto dell’esame di realtà, alla consapevolezza che non si è gli unici ad avere quel dolore e che la morte è inevitabile ed infine alla fase dell’accettazione del lutto costituita dalla totale elaborazione della perdita.
Normalmente siamo capaci di entrare in uno stato di accettazione entro circa 18 mesi dalla perdita della persona cara. Il lutto però può diventare patologico quando è presente una difficoltà ad accettare la sua irrimediabilità. 


Secondo il modello cognitivo comportamentale, il lutto è un evento che potrebbe potenzialmente complicarsi in una sintomatologia depressiva, ansiosa o in altro modo (il lutto complicato è caratterizzato da vissuti di tristezza, colpa, invidia, rabbia per un periodo di tempo superiore ai 12 mesi – DSM-5 ) per il quale si rende pertanto necessario non solo una ristrutturazione cognitiva, ma una psicoterapia con tecniche cognitive – comportamentali per il trattamento dei sintomi post traumatici. 


Dott.ssa Sylvie Gobbis